IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  88  del  2013,   proposto   da:   Benito   Sergi,
rappresentato e difeso  dagli  avv.  Federica  Ferrari  e  Cesare  Di
Cintio, con domicilio eletto presso Manuela Albanese Avv.  in  Reggio
Calabria, via Don Minzoni n. 4; 
    Contro Questura di  Reggio  Calabria  -  Ministero  dell'Interno,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura  Distrettuale  dello
Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito n. 15; 
    Per l'annullamento: 
        del  decreto   di   rigetto   di   autorizzazione   Categoria
11E/3°/2012    avente    ad    oggetto    l'istanza    di    rilascio
dell'autorizzazione di Pubblica Sicurezza ex art. 88 T.U.L.P.S., reso
dalla Questura di Reggio Calabria il 12 novembre 2012 e notificato al
ricorrente il 20 novembre 2012; 
        nonche' di tutti gli atti presupposti, preparatori,  connessi
e consequenziali anche non conosciuti; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto  l'atto  di  costituzione   in   giudizio   del   Ministero
dell'Interno; Relatore  nella  camera  di  consiglio  del  giorno  27
febbraio 2013 dott.  Caterina  Criscenti  e  uditi  per  le  parti  i
difensori come specificato nel verbale; 
    1.  E'  impugnato,  con  richiesta  incidentale  di   sospensione
cautelare della sua  efficacia,  il  provvedimento  del  Questore  di
Reggio Calabria di diniego dell'autorizzazione di Pubblica  Sicurezza
ex art. 88  TULPS  per  l'esercizio  dell'attivita'  di  raccolta  di
scommesse. 
    Si e' costituita l'Avvocatura distrettuale dello Stato di  Reggio
Calabria nell'interesse del Questore,  con  memoria  di  pura  forma,
chiedendo che il ricorso venga dichiarato irricevibile, inammissibile
e/o rigettato nel merito. 
    Alla Camera di consiglio del 27 febbraio  2013,  fissata  per  la
trattazione della domanda cautelare, il Tribunale d'ufficio ha  fatto
presente alle parti che  sulla  controversia  il  Tar  adito  sarebbe
incompetente, appartenendo la controversia alla competenza funzionale
del Tar Lazio, ai  sensi  dell'art.  135,  lett.  q-quater),  c.p.a.,
lettera aggiunta dall'art. 10, comma 9-ter, D.L. 2 marzo 2012, n. 16,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. 
    2. Occorre preliminarmente verificare la questione di competenza.
Stabilisce, infatti, l'art. 15 c.p.a. («Rilievo  dell'incompetenza»),
come novellato dal d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, che «in ogni caso
il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla  domanda
cautelare e, se non riconosce la propria competenza  ai  sensi  degli
artt. 13 e 14, non decide sulla stessa». Parallelamente  il  comma  4
dell'art.  13,  anch'esso  novellato  nel  2012,  statuisce  che  «la
competenza  di  cui  al  presente  articolo  e  all'articolo  14   e'
inderogabile anche in ordine alle misure cautelari». 
    La presente controversia rientra, in effetti,  nel  novero  degli
affari  ricompresi  nella   competenza   funzionale   del   Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, di cui all'art.  14
c.p.a., che vi include tutte «le controversie indicate  dall'articolo
135 e dalla legge» e  fra  queste  appunto  anche  quelle  aventi  ad
oggetto i provvedimenti «emessi dall'Autorita' di polizia relativi al
rilascio di autorizzazioni in materia di' giochi pubblici con vincita
in denaro». 
    3. Tuttavia il Tribunale dubita della legittimita' costituzionale
di questa previsione (analogamente a quanto gia' fatto con quella  di
cui  alla  lett.  p)  per  gli  atti   dell'Agenzia   nazionale   per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita' organizzata: ord. coll. n. 217 dell'11 aprile 2013)
con -riferimento agli artt. 3, 25, 125, 24 e 111 Cost.. 
    3.1. Occorre premettere che le  leggi  processuali  anteriori  al
codice,  e   segnatamente   la   legge   istitutiva   dei   tribunali
amministrativi regionali, non  contenevano  una  disciplina  generale
sulla competenza funzionale inderogabile del Tar Lazio. 
    La legge 6 dicembre 1971 n. 1034, all'art. 3, ripartiva, infatti,
la  competenza  per  territorio  fra  i  vari  tribunali   regionali,
prevedendo, al comma 3, una competenza residuale del Tar con  sede  a
Roma, per gli atti statali. Contenuto analogo presenta oggi l'art. 13
c.p.a., eccezion fatta per gli effetti scaturenti dalla  proposizione
della lite presso un giudice incompetente, atteso che innovativamente
il  Codice  ha  optato  per  il  regime  dell'inderogabilita'   della
competenza territoriale.  L'introduzione  di  ipotesi  di  competenza
(intesa come) funzionale a favore, pressoche' esclusivamente, del Tar
Lazio, sede di Roma, prende avvio negli anni '90 ed  avviene  per  la
prima volta ad opera della legge 12 aprile 1990, n. 74, il  cui  art.
4, sostituendo l'art. 17, legge 24 marzo 1958, n. 195  sul  Consiglio
superiore della magistratura (che nella sua  originaria  formulazione
disponeva: Contro i  predetti  provvedimenti  [quelli  riguardanti  i
magistrati], e' ammesso ricorso al Consiglio di Stato per  motivi  di
legittimita'), cosi' disponeva: Contro i  predetti  provvedimenti  e'
ammesso ricorso in primo grado al tribunale amministrativo  regionale
del Lazio per motivi di legittimita'. Contro le  decisioni  di  prima
istanza e' ammessa l'impugnazione al Consiglio di Stato. 
    Questa normativa, che per prima ha introdotto  una  significativa
deroga al principio della  territorialita',  stabilendo  una  vera  e
propria ipotesi di competenza funzionale, non derogabile  su  accordo
delle parti, e' stata ritenuta dalla Corte costituzionale  -  cui  la
questione era stata rimessa  dal  Tar  Sicilia  -  non  contraria  al
dettato costituzionale (sent. n. 189 del 22 aprile 1992). 
    In particolare la Corte, nell'escludere il contrasto della  norma
con gli artt. 3, 24 e 125 Cost., valorizzo' la particolare  posizione
che il Consiglio superiore della Magistratura occupa nell'ordinamento
costituzionale della Repubblica e  nell'organizzazione  dei  pubblici
poteri ed il peculiare  status  rivestito  dai  magistrati  ordinari,
particolare e differenziato,  rispetto  alla  categoria  degli  altri
pubblici dipendenti. 
    La Corte ebbe,  altresi',  a  rilevare  che  la  norma  censurata
risponde   anche   ad   «un'esigenza   largamente   avvertita   circa
l'uniformita' della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado»
e comunque non si pone in contrasto .con l'art. 125, comma  2,  Cosi,
perche' «il Tribunale amministrativo regionale del Lazio e' parte ...
del sistema processuale amministrativo che consta di numerosi  gangli
periferici e di uno centrale, che con quelli e' collegato -  in  base
alle regole proprie della giurisdizione amministrativa - ben oltre il
caso oggetto dell'impugnativa in esame». 
    Avveduta dottrina, rilevato fra l'altro che la  Corte  non  aveva
compiutamente  percepito  gli  esatti  termini  delle  argomentazioni
giuridiche prospettate dal giudice a quo sulla competenza funzionale,
profeticamente osservo' che il legislatore, dal dictum  della  Corte,
avrebbe ricevuto spinte tese al rafforzamento ed  all'ampliamento  di
quell'inderogabilita' cosi'  inaugurata  con  la  norma  riconosciuta
legittima. 
    Gia' poco dopo la normativa concernente i magistrati ordinari, la
legge  10  ottobre  1990  n.  287,  all'art.  33,  riconduceva   alla
competenza  funzionale  del  Tar  centrale  i  provvedimenti   emessi
dall'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato. 
    E' bene osservare  incidentalmente  che  in  ambedue  le  ipotesi
sarebbe comunque individuabile anche una competenza «originaria»  del
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  (sia  il  CSM   che
l'Autorita' garante per la concorrenza ed il  mercato  hanno  sede  a
Roma), donde la particolarita' starebbe piuttosto  nella  sua  natura
non derogabile. 
    Successivamente numerose e variegate  tipologie  di  controversie
sono state ascritte alla competenza funzionale del Tar Lazio (anche a
prescindere dalla sede dell'autorita' emanante), sino a giungere alla
positivizzazione, con l'art. 14  un'autonoma  categoria  concettuale,
cui  fa  da  pendant  un  lungo  elenco  di.  controversie  contenuto
nell'art. 135 c.p.a., composto da ben diciotto punti (dalla lett.  a)
alla lett. q-quater). 
    L'art. .135 c.p.a. ricomprende cosi' una congerie nutritissima di
fattispecie (una delle quali, quella in materia di sanzioni  irrogate
dalla CONSOB, prevista da una parte della lett. c),  dichiarata  gia'
incostituzionale con sent. n. 162 del 27 giugno 2012), posto che -  a
parte   l'evenienza   della   connessione   fra   controversie,   non
legislativamente  affrontata,  che  ha  portato   ad   un   ulteriore
incremento delle liti da incardinare presso il Tar Lazio -  sotto  le
varie lettere del catalogo sono  spesso  incluse  piu'  tipologie  di
controversie  (cosi',  ad  esempio,  .sub  lett.  a,   insieme   alle
controversie  relative  ai  provvedimenti  riguardanti  i  magistrati
ordinari, vi sono quelle  relative  ai  provvedimenti  riguardanti  i
magistrati amministrativi adottati dal Consiglio di Presidenza  della
Giustizia Amministrativa). 
    3.2. in questo  modo  ricostruita  brevemente  la  genesi  ed  il
contenuto   della   competenza   (oggi   testualmente)    «funzionale
inderogabile» del Tar Lazio, questo giudice dubita, in  primo  luogo,
della legittimita' costituzionale della previsione codicistica  nella
parte in cui  devolve  alla  competenza  inderogabile  del  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede  di  Roma,  i  provvedimenti
emessi  dall'Autorita'   di   polizia   relativi   al   rilascio   di
autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro. 
    La lett. q-quater ora in esame e' stata introdotta  dall'art.  10
D.L. 2 marzo 2012 n. 16, e  segnatamente  dal  comma  9-ter  inserito
dalla legge di conversione. 
    L'art. 10 si occupa di «potenziamento in  materia  di  giochi»  e
contempla una serie di misure, che vanno  dalla  costituzione  di  un
fondo destinato  alle  operazioni  di  gioco,  alla  positivizzazione
dell'agente  «scommettitore»,  al  divieto  di  utilizzo  di   denaro
contante ed altro ancora, ritenute funzionali  al  raggiungimento  di
determinati obiettivi, quali «contrastare efficacemente  il  pericolo
di infiltrazioni criminali» nei giochi pubblici, «acquisire  elementi
di prova in ordine alle eventuali  violazioni  in  materia  di  gioco
pubblico, ivi comprese  quelle  relative  al  divieto  di  gioco  dei
minori»,  «assicurare  la  tracciabilita'  dei   flussi   finanziari,
finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali e il  riciclaggio  di
denaro di provenienza illecita» e cosi' via.  La  previsione  di  una
competenza giurisdizionale amministrativa accentrata sugli atti delle
locali autorita' di Polizia non  si  presenta,  invece,  connessa  ad
alcuna  di  queste  finalita',  ne'  appare  sopportata  da  autonome
ragioni, risultando piuttosto - come si spieghera'  -antitetica  agli
obiettivi di penetrante controllo del  territorio  che  la  normativa
«sostanziale» intende perseguire. 
    Rileva, dunque, il Collegio l'assenza di ragioni speciali  idonee
a giustificare un siffatto eccezionale spostamento di competenza (vd.
per la necessita' di tali ragioni sent. n. 237  del  26  giugno  2007
sulla materia  di  cui  all'art.  3,  commi  2-ter  e  2-quater,  del
decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245  -  Misure  straordinarie  per
fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dei  rifiuti  nella  regione
Campania -, commi aggiunti dalla  legge  di  conversione  27  gennaio
2006, n. 21,  oltre  che  la  citata  sent.  n.  189/92)  e,  quindi,
l'irragionevolezza di tale previsione. 
    Non  assume,  infatti,  l'Autorita'  emanante  (che,   anzi,   si
caratterizza  per  il  suo  peculiare  radicamento  e  contatto   col
territorio) una particolare posizione nell'ordinamento costituzionale
della Repubblica e nell'organizzazione dei pubblici poteri,  tale  da
rendere preferibile una cognizione dei suoi atti affidata ad un unico
giudice con sede in Roma. 
    Neppure i destinatari dei provvedimenti in  questione  presentano
un peculiare status, meritevole di un diverso trattamento, e  neppure
vi e' una situazione di straordinaria emergenza, come nel caso  delle
misure dettate per il settore dei rifiuti. 
    Anche la  giustificazione,  introdotta  dalla  Corte  in  maniera
incidentale nella sentenza n. 189 del  1992,  dell'uniformita'  della
giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado - ammesso che in  un
ordinamento di civil law possa essere considerato un valore cardine -
non e' di certo qui pertinente. 
    Il Collegio e' dell'avviso che anche  il  rispetto  del  criterio
base della sede dell'autorita' emanante, piu'  chiaro  ed  oggettivo,
sia altrettanto in grado di garantire la stabilita'  delle  soluzioni
giurisprudenziali, che scaturiscono in effetti dalla «dialettica» tra
giudice di primo grado e giudice di appello, nella quale anche i  Tar
periferici sono coinvolti, al pari del Tar del Lazio. 
    Inoltre, proprio l'individuazione del Tar del Lazio  quale  unico
giudice funzionalmente competente  si  presenta  antitetica  rispetto
all'obiettivo  indicato  dalla  Corte,  poiche'  l'ampliamento  della
struttura del Tar  romano,  in  parte  dovuto  anche  allo  smisurato
aumento, nel corso degli anni, delle sue competenze  (tribunale  oggi
composto da ben dodici sezioni, con circa cinque sei  magistrati  per
sezione), unitamente al problema dell'efficiente  organizzazione  del
lavoro (compresa la necessaria rotazione delle materie e dei  giudici
fra le sezioni), fa si' che esso non si presenti neppure in  astratto
idoneo ad assicurare  l'ambita  uniformita'  o;  paradossalmente,  si
presenti addirittura come il meno idoneo. 
    Tra   l'altro,   nel   processo   amministrativo   la    funzione
nomofilattica appartiene al giudice di appello  ed  oggi  in  special
modo all'Adunanza Plenaria (art.  99  c.p.a.),  ne'  peraltro  sembra
ipotizzabile,  a  tal  fine,  una  diversa  qualita'  del  Tar  Lazio
insediato nella capitale, con  la  configurazione  di  una  sorta  di
supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi, posto che la
selezione dei magistrati che lo compongono non presenta alcun profilo
di differenziazione rispetto a quella degli altri Tar. 
    3.3.  All'irragionevolezza  sopra   evidenziata   si   accompagna
un'irrazionalita' estrinseca  della  recente  previsione  legislativa
rispetto ad altra norma costituzionale, ossia all'art. 125 Cost.. 
    Questa norma sancisce il principio del  decentramento  a  livello
regionale della  giurisdizione  amministrativa,  nell'ottica  di  una
necessaria prossimita' del giudice ai fatti  di  cui  e'  chiamato  a
conoscere. 
    Come e' noto, dai lavori preparatori  dell'art.  125  (originario
comma  2),  si  ricava  l'intenzione  dei  Costituenti  di   adeguare
l'organizzazione   della   giustizia   amministrativa   alla   mutata
articolazione  del  decentramento   politico   territoriale   e,   in
particolare, al ruolo centrale .che l'ente Regione era  destinato  ad
assumere, nella piena convinzione che  «la  giustizia  amministrativa
quanto e' piu' periferica tanto piu' risponde alle esigenze popolari»
(A.C., 4363, intervento di  Musolino  nella  seduta  del  4  dicembre
1947). 
    Se pure, dunque, si vuole  escludere  -  come  la  giurisprudenza
costituzionale ha gia' fatto piu' volte: da ult. sent. n. 117/2012 -,
con riferimento alla magistratura in genere, che il termine  «giudice
naturale» di cui all'art. 25  Cost.  presenti  una  valenza  autonoma
rispetto al carattere della sua precostituzione  per  legge,  dovendo
piuttosto ritenersi che tale espressione corrisponda in tutto  e  per
tutto a quella di «giudice precostituito per legge» con la  quale  si
salda in endiade, per la  giustizia  amministrativa  il  concetto  di
«giudice naturale» non puo' che assumere una portata diversa, per  lo
speciale assetto dei giudici di primo grado sul territorio voluto dal
titolo V della Costituzione. 
    Ne consegue che la competenza  dei  giudici  amministrativi  deve
essere non solo predeterminata, dalla legge, ma  deve  rispettare  il
principio di naturalita' come desumibile dal comb. disp. dell'art. 25
e dell'art. 125, nel senso  di  una  sicura  maggiore  idoneita'  del
giudice individuato su base  regionale  a  fornire  una  risposta  di
giustizia adeguata. 
    Tra l'altro, il sistema della giustizia amministrativa non gode -
come quello della giustizia ordinaria - di una  capillare  diffusione
degli organi giudicanti  sull'intero  territorio  nazionale,  tua  si
articola  appunto,  per  espresso  dettato  costituzionale,  su  base
regionale, con un solo ufficio situato nel capoluogo di ogni  Regione
e con la possibilita' di istituzione di  alcune  sedi  staccate  (tra
cui, appunto, quella di Reggio Calabria). La deroga al criterio della
competenza territoriale in favore  di  un  Tribunale  unico  su  base
nazionale, individuato in base alla sua  allocazione  nella  capitale
della Repubblica, stravolge la prospettiva di un  sistema  articolato
su base regionale, id est non verticistico ed accentrato,  ed  altera
profondamente l'equilibrio del controllo sugli  atti  amministrativi,
pensato dai  Costituenti  sicuramente  in  maniera  svincolata  dalla
specializzazione  per  singole  materie  (contrariamente  a   quanto,
invece, consentito per l'autorita' giudiziaria ordinaria:  art.  102,
comma 2, Cost.). 
    Quanto argomentato a tal proposito dalla Corte nel  1992  appare,
dunque, a questo giudice meritevole  di  una  rinnovata  riflessione,
soprattutto alla luce dell'evoluzione subita sia  dal  sistema  delle
autonomie locali (in dipendenza della riforma del Titolo  V,  attuata
con legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), sia dal  sistema  processuale
amministrativo: l'affermazione secondo cui il sistema della giustizia
amministrativa  «consta  di  numerosi  gangli  periferici  e  di  uno
centrale, che con quelli e' collegato» non riflette adeguatamente  il
.dettato  dell'art.  125  Cost.,  il  quale  non   prevede,   invero,
differenziazione di sorta tra gli organi di giustizia  amministrativa
di primo grado e non contempla un tribunale centrale,  di  diversa  o
maggiore  importanza,  cui  contrapporre  «gangli   periferici»   (in
verita', di fatto, neppure particolarmente numerosi,  dato  anche  il
notevole  aumento  del  contenzioso,  specie  in  primo  grado),   ma
piuttosto riconosce  pari,  oltre  che  piena,  dignita'  a  tutti  i
Tribunali amministrativi regionali. 
    Si aggiunga che se il Tar Lazio  fosse  da  qualificare  come  un
giudice di competenza centrale, si da ritenere legittime le norme che
ne accrescono la competenza (generalizzando una  sorta  di  legittima
suspicione che porti a ritenere inidoneo il Tribunale territoriale  a
decidere  talune  tipologie  di  cause),  dovrebbe  assumere  maggior
pregnanza il fondamento giustificativo di queste  scelte  derogatorie
in base agli  interessi  che  esse  coinvolgono,  specie  laddove  la
competenza del Tar Lazio non venisse in rilievo secondo  il  criterio
della competenza territoriale (come e' evidentemente nel caso che qui
si esamina, vista la sede dell'ente e il luogo  di  produzione  degli
effetti   dell'atto),   pena   una   grave   incoerenza   sistematica
dell'istituto della competenza funzionale inderogabile  ex  art.  14,
comma 1, c.p.a.. 
    3.4.  Ritiene,  inoltre,  questo  Tribunale  che  la  scelta  del
legislatore di incardinare (anche) le controversie sugli  atti  delle
autorita' (Accentrate di polizia presso  il  Tar  della  capitale  si
ponga in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost.. 
    La concentrazione presso un unico ufficio giudiziario (il Tar con
sede in Roma) rende assai piu' difficoltoso l'esercizio concreto  del
diritto di difesa e configge con il canone della  ragionevole  durata
del processo. 
    Per un verso, infatti, si costringe colui che  intende  agire  (o
resistere) a tutela della propria posizione soggettiva ad  affrontare
spese ulteriori ed aggiuntive, rispetto a quelle gia'  molto  elevate
richieste comunque per l'accesso alla giustizia (anche  a  causa  dei
continui aumenti del contributo unificato), rendendo cosi' gravoso ed
ostacolando in  modo  eccessivo  l'utile  esercizio  del  diritto  di
difesa, specie se si considera che la nuova  disciplina  premette  la
verifica  della  competenza  anche  alla  decisione   sulla   domanda
cautelare,  e  nel  contempo  si  rende  piu'  difficoltosa  e   meno
tempestiva la difesa processuale dell'Amministrazione resistente. 
    Dall'altro, l'incremento smisurato di vario contenzioso presso un
unico Tar, nel quale si concentrano gia' numerose  liti  «ordinarie»,
rende inevitabilmente sempre piu' lungo il tempo medio di durata  dei
relativi processi, con  gravi  ricadute  sull'efficienza  dell'intero
Paese e sulla spesa pubblica, sulla quale pure gravano  i  costi  dei
risarcimenti ex lege Pinto. 
    4. Unitamente alla questione cosi' come fin qui  prospettata,  il
Tribunale ritiene di prospettare una diversa e piu'  ampia  questione
di legittimita' costituzionale - di cui la Corte ad quem,  d'ufficio,
potra' cogliere  l'eventuale  «pregiudizialita'  logico-giuridica»  -
che, muovendo dalla nuova configurazione, in termini ormai  generali,
della competenza funzionale e inderogabile del Tar Lazio (artt. 14  e
135 c.p.a.), coinvolge l'intera disciplina della competenza contenuta
nel codice del processo amministrativo, adottato in attuazione  della
delega contenuta nell'art. 44 legge 18 giugno 2009 n. 69. 
    Ad avviso di questo giudice la normativa (artt. 13, 14, 15 e  16)
contenuta nel Capo IV, titolo  I,  del  libro  I  del  codice  e'  in
contrasto con l'art. 76 Cost. 
    La Corte costituzionale ha sempre precisato e  rimarcato  che  in
caso di deleghe che abbiano ad oggetto la revisione, il  riordino  ed
il riassetto  di  norme  preesistenti,  quale  e'  certamente  quella
contenuta   nell'art.   44   cit.,   «l'introduzione   di   soluzioni
sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente
e' (...)  ammissibile  soltanto  nel  caso  in  cui  siano  stabiliti
principi   e   criteri   direttivi   idonei   a   circoscrivere    la
discrezionalita' del legislatore delegato», giacche' quest'ultimo non
puo'  innovare  «al  di  fuori   di   ogni   vincolo   alla   propria
discrezionalita'  esplicitamente  individuato   dalla   legge-delega»
(sentenza n. 293 del 2010), specificando  che  «per  valutare  se  il
legislatore abbia ecceduto [i] -  piu'  o  meno  ampi  -  margini  di
discrezionalita',  occorre  individuare  la   ratio   della   delega»
(sentenza n. 230 del 2010). 
    Questa precisazione e'  ribadita  da  ultimo  nella  sentenza  27
giugno  2012  n.  162,  con  la  quale  la  Corte  costituzionale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 133, comma  1,
lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al  governo  per
il riordino del processo amministrativo), per violazione dell'art. 76
Cost., nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione  esclusiva
del giudice amministrativo con cognizione estesa  al  merito  e  alla
competenza funzionale del Tar Lazio - sede di Roma,  le  controversie
in materia di sanzioni irrogate dalla CONSOB. 
    Orbene, tra i criteri ed i  principi  direttivi  contenuti  nella
delega  dettata  per  il  riassetto  della  disciplina  del  processo
amministrativo, che  la  Corte  con  la  sent,  n.  162/12  cit.  ha,
peraltro, ritenuto sufficientemente specifici, non ve ne  era  alcuno
che  abilitasse  il  legislatore  delegato  a  riformare  e  innovare
l'istituto  della  competenza  e,   cio'   nonostante,   il   decreto
legislativo n. 104/2010 ha ribaltato totalmente  il  sistema  vigente
sin dal 1971, rendendo inderogabile  la  competenza  per  territorio,
prima sempre derogabile. 
    L'unico cenno  al  tema  della  competenza  riguarda  un  momento
processuale a valle, ossia quello della riassunzione del giudizio,  e
si rinviene nella lett. e), che  invita  il  legislatore  delegato  a
«razionalizzare e unificare  la  disciplina  della  riassunzione  del
processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri
ordini   giurisdizionali,   nonche'   di   sentenze   dei   tribunali
amministrativi regionali o del  Consiglio  di  Stato  che  dichiarano
l'incompetenza funzionale», facendosi  riferimento  alle  ipotesi  di
competenza funzionale gia' esistenti nell'ordinamento, ma senza voler
introdurre  un  principio   di   inderogabilita'   della   competenza
territoriale o in genere altre novita' in materia,  del  quale  nella
legge di delega non vi e' traccia. 
    Che questa innovazione non trovi riscontro nella legge delega  lo
si desume indirettamente anche dalla relazione al  Codice,  la  quale
da'  atto  del  cambiamento  («tutta  la   competenza   del   giudice
amministrativo e' divenuta inderogabile dalle parti»), anche in  modo
dettagliato  («Questo,  in  dettaglio,  e'  il  regime  del   rilievo
dell'incompetenza»), senza tuttavia far mai riferimento alla legge di
delega, ripetutamente citata invece in sede  di  illustrazione  della
disciplina di molti altri istituti, al fine di chiarire che  essa  e'
stata adottata in conformita' all'art. 76 Cost.,  in  ossequio  o  in
puntuale applicazione dei criteri direttivi della delega. 
    D'altronde non e' privo di significato il fatto che  la  modifica
in senso radicalmente innovativo del regime della competenza non  sia
stata frutto del lungo e meditato lavoro della  Commissione  speciale
nominata ai sensi del comma 4 dell'art. 44, la quale aveva,  infatti,
varato, in data 10 febbraio 2010, il progetto di codice  (in  questa,
come  in  altre  parti,  ritoccato,   nell'immediatezza   della   sua
approvazione finale,  e  per  di  piu'  al  di  fuori  del  dibattito
parlamentare), mantenendo, da un  lato,  il  regime  ordinario  della
competenza territoriale sempre derogabile su accordo delle  parti  e,
dall'altro, enunciando i casi di devoluzione di controversie  al  Tar
Lazio (o  al  Tar  Lombardia,  sede  di  Milano,  limitatamente  alle
controversie  relative  ai  poteri  esercitati   dall'Autorita'   per
l'energia elettrica e il gas) qualificandoli, pero',  in  termini  di
«competenza territoriale inderogabile». 
    Ne', ancora, la ratio complessiva sottesa alla legge di delega  -
che pure la giurisprudenza della Corte  esorta  a  tener  presente  -
potrebbe giustificare una  simile  scelta  innovativa:  se,  infatti,
obiettivo principale della delega per il riassetto di  una  normativa
stratificata e caotica, che risultava in parte anche  antecedente  al
testo  della  Costituzione,  era  quello   di   assicurare   maggiore
effettivita' della tutela, trasfondendo in un corpus  unitario  anche
gli approdi pretori e gli  esiti  della  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, in ossequio all'art. 111 Cost., non c'e'  dubbio  che
l'innovativa opzione  per  l'inderogabilita'  della  competenza,  fin
dalla  sede  cautelare,  unitamente  all'articolazione  di  complessi
rimedi (invero in parte ridotti col secondo correttivo del  settembre
2012) per far valere l'incompetenza, non solo non trova  addentellati
nel sistema previgente, ma ha pure irrigidito e reso  piu'  vischiosa
la risposta di giustizia, in contrasto con la primaria  finalita'  di
snellire l'attivita' giurisdizionale e rendere maggiormente congrui i
tempi del processo. L'eccesso di delega  ha  sicura  rilevanza  anche
rispetto alla competenza funzionale che qui interessa: essa, infatti,
da  sempre  ritenuta,   in   via   interpretativa,   una   competenza
inderogabile, in opposizione alla  «ordinaria»  e  sempre  derogabile
competenza per territorio, da eccezione e' cosi' divenuta espressione
di altro parallelo principio generale, operante per  le  controversie
indicate dall'art. 135  e,  piu'  in  generale,  «dalla  legge»,  che
fiancheggia quello della competenza per territorio,  concorrendo  con
esso a delineare le modalita' di radicamento delle controversie. 
    Ne discende un sistema del tutto  nuovo,  dove  il  regime  della
competenza  (art.  16)  e'  indifferenziato,  con   ogni   forma   di
competenza, sia quella per territorio  che  quella  c.d.  funzionale,
inderogabile  (La  competenza  di  cui  agli  articoli  13  e  14  e'
inderogabile anche in ordine  alle  misure  cautelari),  -  donde  la
rilevanza,  anche  nella  presente  controversia,   della   questione
rispetto  a  tutto  il  capo  sulla  competenza  -,  complessivamente
illogico e incoerente, atteso che l'attribuzione di controversie alla
cognizione  del  Tar  Lazio,  sede  di  Roma,  avviene,  nella  buona
sostanza, in ragione del criterio della materia  (o  perfino,  se  si
vuole, dell'importanza della materia), che non solo, come si e'  gia'
detto,.  non  ha  copertura  costituzionale,  ma  non  trova  neppure
riscontro nella legge delega, con evidente  violazione  dell'art.  76
Cost.. 
    In  conclusione,  questo  Tribunale  ritiene  rilevanti   e   non
manifestamente infondate la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14 e dell'art. 135, comma 1, lett. q-quater, per violazione
degli artt. 3, 25, 125, 24 e 111 Cost.; in  subordine,  quella  degli
artt. 13, nella parte in cui  qualifica  inderogabile  la  competenza
territoriale, 14, 15 e 16 c.p.a., per violazione dell'art. 76 Cost. 
    Circa la rilevanza delle questioni prospettate, va  ribadito  che
la domanda cautelare proposta  dalla  parte  ricorrente  puo'  essere
esaminata da questo Tribunale  solo  in  quanto  risulti  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale prima illustrata. 
    Con  separata  ordinanza,  adottata  in  pari   data,   per   non
pregiudicare irreversibilmente la posizione della  parte  ricorrente,
il Tribunale dispone la sospensione dell'esecuzione in via interinale
del provvedimento impugnato, rinviando l'ulteriore trattazione  delle
domanda cautelare alla prima  camera  di  consiglio  successiva  alla
restituzione degli atti del presente ricorso  da  parte  della  Corte
Costituzionale